Federico Milano
http://www.chiaraappendino.it/2017/05/03/primo-maggio-corteo-torino/
Tornano sempre attuali le parole di Gramsci:
“Trascurare e, peggio, disprezzare i movimenti così detti «spontanei», cioè rinunziare a dar loro una direzione consapevole, ad elevarli ad un piano superiore inserendoli nella politica, può avere spesso conseguenze molto serie e gravi.”
Hai capito, la sindaca che cita Gramsci. Peccato che non sappia applicarne il pensiero. Si vede che il Montanari, o chi per lui, visto l’argomento trattato avrà pensato che per dare un colpo al cerchio e uno alla botte un pizzico di Gramsci, guarda caso sui movimenti spontanei, potesse addolcire la pillola per coloro che, frastornati dai manganelli del 1° maggio, dovrebbero ora apprezzare il fragore delle parole al miele riservate dalla sindaca alla forze di polizia torinese, a cui va il (suo) << ringraziamento per il difficile lavoro quotidiano … le complesse valutazioni che soggiacciono alle certamente difficili scelte assunte nella breve frazione di un momento per la garanzia dell’ordine pubblico e di tutti gli altri manifestanti pacifici, la più gran parte.>>.
Ci tiene ancora la sindaca a precisarci che crede << fortemente, infatti, che in democrazia il dissenso, quando manifestato all’interno del perimetro della legalità, e lo ripeto: “manifestato all’interno del perimetro della legalità” sia senza dubbio un valore e le istituzioni tutte ne devono consentire la pacifica espressione>>. Una capriola retorica, un viragalet avrebbero detto i miei nonni, da politica consumata: un plauso alla polizia; un panegirico sulla legittimità della pratica del dissenso; e per evitare ogni fraintendimento un bel rimando al perimetro della legalità. Ma il recinto della legalità chi lo delimita? La legge o l’esecutivo? Perché cara sindaca, e i suoi consiglieri presenti glielo avranno sicuramente detto, il 1° maggio non è stata la legge, ma chi dirige i cordoni di polizia a decidere che lo spezzone sociale del corteo, che fino ad allora aveva marciato in modo assolutamente pacifico, non dovesse proseguire il suo cammino. Come la mettiamo allora? Un bell’ossimoro chiedere che si garantisca la pacifica espressione del dissenso, ringraziando al contempo quelle forze dell’ordine che scientemente tale pratica hanno negato. Il nodo gordiano lo si deve tagliare ad un certo punto, altrimenti come in un vecchio adagio, peraltro sempre utile ai politici consumati, lei, cara sindaca, ed è questa la cifra del suo primo anno di mandato, non fa altro che tenere il piede in due scarpe. A meno che io non abbia totalmente travisato il suo pensiero: forse che quando afferma che <<Provo certamente rammarico e dispiacere – sentimento che immagino appartenga a molti di noi – nell’aver appreso che l’atteggiamento di pochi abbia rovinato la festa dei lavoratori impedendo a molte persone che pacificamente erano presenti al corteo di manifestare anche il proprio dissenso>>, intendesse che quei pochi non fossero fra il corteo – come avevo inteso-, ma fra chi gli sbarrava la strada? Non credo, più probabilmente per lei cara sindaca il dissenso è senz’altro un valore, ma se non lo si sente tanto meglio.
Quanto a Gramsci, chieda al suo vice non il semplice stralcio ma l’intero paragrafo ( dai Quaderni dal carcere) intitolato “Spontaneità e direzione consapevole”: si potrà rendere conto di quanto il pensiero di Gramsci sia distante dal suo. La direzione consapevole evocata è infatti il partito comunista: <<Questa unità della spontaneità e della direzione consapevole, ossia della disciplina è appunto l’azione politica reale delle delle classi subalterne, in quanto politica di massa e non semplice avventura di gruppi che si richiamano alla massa>>. Il nostro ricorda l’esperienza dei Consigli di Fabbrica Torinesi, realtà differente da quella dei consigli di amministrazione cui lei per ragioni familiari è più avvezza: << Questa direzione non era astratta… si applicava a uomini reali, formatisi in determinati rapporti storici, con determinati sentimenti, modi di vedere, frammenti di concezione del mondo, ecc., che risultavano dalle combinazioni, “spontanee” di un dato ambiente di produzione materiale, con il casuale agglomerarsi in esso di elementi sociali disparati. Questo elemento di “spontaneità” non fu trascurato e tanto meno disprezzato: fu educato, fu indirizzato, fu purificato da tutto ciò di estraneo poteva inquinarlo, per renderlo omogeneo, ma in modo vivente, storicamente efficiente, con la teoria moderna (cioè il Marxismo)>>. Il passo da lei citato, cara sindaca, va interpretato in senso diametralmente contrario a quello da lei inteso. Proprio per scongiurare come << quasi sempre avviene che a un movimento “spontaneo” delle classi subalterne si accompagna un movimento reazionario della destra della classe dominante … per la rinunzia dei gruppi responsabili a dare una direzione consapevole dei moti spontanei e a farli diventare quindi un fattore politico positivo>>, Gramsci risponde che non può esservi opposizione fra il marxismo e i sentimenti spontanei delle masse. Comprenderà, cara sindaca, quanto a sproposito venga la sua citazione. Il nostro afferma infatti che lo spontaneismo non debba essere disprezzato perché se consapevolmente diretto crea quella azione politica reale delle classi subalterne che <<realizza la forza del proletariato, lotta contro l’ordine del capitalismo… , educando la massa operaia per la lotta rivoluzionaria e per la creazione dello Stato Operaio>> ( da “Il Movimento torinese dei Consigli di Fabbrica”), non certamente perché movimenti dal vago sapore reazionario, antipolitico, ma assolutamente allineato all’attuale sistema economico come quello che lei rappresenta possano approfittare dello spontaneismo che nasce dal <<malcontento nelle classi subalterne>> in periodi di crisi economica e riduzione della spesa sociale.
Infine, cara sindaca, il suo odierno discorso non offende però soltanto il pensiero di Gramsci, ma a ben vedere anche quegli stessi movimenti sociali che lei solletica, cui strizza l’occhio. A prescindere dalla condivisione o meno della loro pratica politica, questi movimenti non chiedono di essere organizzati, diretti, egemonizzati, perché in fondo possiedono già una loro direzione consapevole, che consiste proprio nello spontaneismo come metodo di agibilità politica. Le consiglio infine di essere più parca nel lodare la pratica del dissenso da parte dei movimenti spontanei. Non sia mai per lei, cara sindaca, che – per dirla con Gramsci- i movimenti spontanei degli strati popolari abbiano una funzione talmente progressiva da rendere possibile l’avvento al potere delle classi subalterne.